Comunità Ebraica di Casale Monferrato

 

Gli ebrei casalesi

Cenni storici

 

Le prime notizie certe sugli ebrei di Casale datano intorno al 1492, anno della grande diaspora spagnola. Fino ad allora non si era mai parlato della presenza in città di gruppi ebraici, che si erano invece già stabiliti in altre zone del Piemonte. Questa presenza relativamente tardiva non deve stupire: la storia degli ebrei casalesi è differente da quella degli altri gruppi ebraici che hanno vissuto in Piemonte. Casale e il Marchesato hanno avuto infatti una storia politica autonoma rispetto ai Savoia, nella cui orbita sono entrati solo nel Settecento.

A Casale la vita degli ebrei scorse in maniera relativamente tranquilla, prima sotto la dinastia dei Paleologo (fino al 1533), poi sotto quella dei Gonzaga, duchi di Mantova, e infine sotto il loro ramo cadetto Gonzaga Nevers (dal 1536 al 1708) pur in un periodo in cui il Monferrato fu sconvolto da continue guerre. Queste coinvolgevano direttamente gli ebrei perché, per avere il diritto di continuare a vivere in città, dovevano versare ai sovrani continui e pesanti tributi a sostegno delle spedizioni militari.

In città erano soggetti a molte limitazioni; in particolare, durante la settimana santa e le processioni, era espressamente vietato loro passare per alcune strade. Per girare in città, poi, avevano l'obbligo del segno distintivo, una fascia gialla, dalla quale erano esentati solo se in viaggio, nel giorno della partenza e in quello dell'arrivo. Nel 1611 non mancò in città un'accusa di omicidio rituale che, in questo caso, non ebbe un tragico epilogo perché gli ebrei furono completamente scagionati.

Gli ebrei casalesi praticavano prevalentemente il prestito su pegno e la loro permanenza in città era legata al rinnovo delle condotte.

Sui banchi di prestito esistono negli archivi comunitari interessanti documenti con le casistiche più curiose che regolavano il pegno, i tassi che era possibile richiedere (25 per cento massimo), i danni da pagare al debitore in caso della distruzione del pegno per cause di forza maggiore (saccheggi e incendi) o per cause più banali e colpose (topi o tarli).

Accanto al prestito gli ebrei praticarono il commercio, alcuni anche su larga scala. Jona Clava (il nome originario era Katzigin) e Salomone Jona, per esempio, nel 1640 divennero i fornitori di frumento di tutta la città. Estesero poi il campo d'azione dei loro affari al commercio di gioielli, pizzi, broccati, spezie e addirittura ottennero il monopolio della vendita delle carte da gioco a Casale, A queste attività si aggiunse poi il commercio del piombo, del riso, e quello importantissimo del sale, di cui ottennero l'appalto. La loro attività raggiunse il culmine quando, nel 1643, si aggiudicarono l'approvigionamento del grano per tutto l'esercito francese di stanza a Casale: il comandante generale delle truppe, governatore della piazza di Casale divenne loro socio. Infine ottennero l'appalto per la costruzione di alcune fortificazioni, dopo aver prestato danaro senza interessi agli ufficiali della guarnigione.

Nel 1708 il Monferrato fu annesso ai domini sabaudi. Subito la condizione ebraica peggiorò. La prima disposizione, alla quale però non tutti obbedirono, riguardava il trasferimento degli ebrei in un'unica zona, a partire dal 1724. Come ghetto fu scelto un ampio quartiere nel quale vivevano già molti ebrei, delimitato da una parte dalla lunga Contrada degli ebrei (oggi via d'Azeglio e via Balbo), dall'altra da via Roma, dal vicolo Castagna e dalla grande piazza San Francesco. La sinagoga fu edificata al centro del quartiere, in posizione riparata, nell'attuale vicolo Salomone Olper.

Il quartiere prescelto, per quanto grande, risultò ben presto molto affollato: secondo il Censimento generale fatto in Piemonte dai Savoia nel 1761, vivevano nel ghetto di Casale 136 famiglie, con un totale di 673 persone. Per la sua alta concentrazione risultava il quartiere ebraico più popolato del regno sabaudo, dopo quello di Torino.

La Rivoluzione francese e l'occupazione napoleonica (1799-1814) portarono una momentanea uguaglianza e le porte del ghetto furono eliminate. Ripristinate con la Restaurazione, caddero definitivamente nel 1848 quando Carlo Alberto "emancipò" gli ebrei del suo regno. In quel momento gli ebrei di Casale erano 850. La comunità iniziò subito dopo ad assottigliarsi perché, seguendo il fenomeno nazionale dell'inurbamento, gli ebrei casalesi andarono a vivere nelle nascenti città industriali, in particolare a Torino e a Milano. La Comunità, che nel 1931 contava ancora 112 persone, oggi ne ha appena una decina.